Finalmente sono riuscito a ritagliare una settimana per provare un’esperienza in solitario di più giorni consecutivi e per capire quali siano, in barca, le ultime cose da preparare, controllare, modificare o con cui prendere confidenza. Tra queste, prima di tutto, la navigazione senza nessuno che controlli. Senza nessuno fuori, intendo.
E’ davvero una sensazione strana, alla quale peraltro mi sono abituato in fretta: sentire la barca che procede in silenzio sotto vela, al buio, mentre sto sotto coperta a “vivere normalmente”, a far da mangiare, a leggere, a riposare, a riflettere, a dormire… Di solito durante le traversate notturne con un equipaggio si organizzano i turni e qualcuno di guardia c’è sempre. Da soli cambia tutto. Per fortuna la tecnologia…mantiene quel che promette. Tra le migliorie che ho adottato ci sono due strumenti fondamentali: l’AIS e il radar, che ho acquistato e fatto montare in vista della Lunga Rotta e che, con i loro allarmi che scattano non appena un’altra imbarcazione entra nel raggio di sicurezza impostato, garantiscono una grande tranquillità.

In mare, le 25 miglia di raggio – il massimo impostabile – sono davvero un’enormità: equivalgono ad almeno un paio d’ore durante le quali si ha veramente tutto il tempo per mettere a punto ogni le verifiche e le eventuali contromisure necessarie. Se pensate che alla guida di un’auto si reagisce praticamente in tempo reale e mille volte durante un viaggio anche molto breve, avere ore di tempo per gestire un incontro con una nave o un peschereccio è davvero tranquillizzante. Comunque, di occhi, se ne chiude sempre uno solo per volta quando si dorme durante la navigazione: l’altro, come un personaggio di Harry Potter, rimane sempre magicamente aperto. Chissà perché… 😉

Le condizioni meteorologiche sono state perfette. Certo qualcuno obietterà che non ho sperimentato le mazzate oceaniche, ma non importa: una sventolata notturna sui 25 nodi l’ho comunque affrontata ed il pilota automatico è stato perfettamente in grado di supportarmi durante le operazioni di riduzione della randa e del genoa. A quel punto, Tatì, alleggerita dall’eccesso di carico sulle vele, si è riequilibrata ed ha filato nel buio a più di 7 nodi e per oltre otto ore. Una meraviglia. Il piano prevedeva di dirigere…verso chissà dove, in funzione della direzione del vento che avrei incontrato tempo per tempo. Dovendo immaginare una navigazione di lunghissimo tempo, di sicuro non provavo alcun interesse alla falsa velocità di una navigazione di bolina, tanto ricercata durante le brevi uscite pomeridiane estive, quando navigare a due/tre nodi con vento al lasco annoia l’equipaggio accaldato, che si sbatte di qua e di là sul ponte in cerca di un po’ d’ombra con i piedi che bruciano sul teak rovente….
Invece i due/tre nodi mi sarebbero andati benone, così come i sette/otto che ho raggiunto nelle tratta di ritorno. Insomma, lo spirito doveva essere quello di accettare qualsiasi condizione perché sarà quel che mi toccherà per molti mesi fra poco. L’esperimento è perfettamente riuscito!

Il Grecale che ha soffiato quasi ininterrottamente, variando ciclicamente d’intensità mi ha accompagnato verso l’arcipelago toscano. Avvicinandomi alla Capraia ho deciso che avrei “utilizzato” l’Isola d’Elba come grossa boa, l’avrei circumnavigata in senso antiorario e sarei risalito con una rotta diretta dal canale di Piombino verso Andora. Ma un piccolo inconveniente (il cedimento dei rivetti della base del vang) ha fatto cambiare il piano ed ho deciso, per la riparazione, di fare uno scalo a Portoferraio dove avrei trovato eventuali accessori e ricambi. E anche se sapevo che a bordo disponevo del necessario, avendo a disposizione una scelta ho preferito fermarmi. E mi stuzzicava anche l’idea di dover effettuare un ormeggio in solitario, di notte, in un porto che conosco molto bene ma che non avevo mai raggiunto in queste condizioni. E’ andato tutto bene e l’ingresso nel bellissimo porto antico, semideserto in confronto alla confusione terribile che lo caratterizza d’estate, è stato davvero emozionante. La luce, i colori, la calma assoluta… Finisco le operazioni di ormeggio verso le due del mattino, quattro chiacchiere con un equipaggio simpatico di un catamarano e a letto. Sveglia alle 7, colazione, quattro passi ad acquistare in ferramenta dei rivetti più grossi di quelli di cui dispongo a bordo, riparazione del piccolo danno e ripartenza dopo pranzo. Tra le cose da registrare e da riferire ai tecnici quando rientrerò ad Andora c’è proprio tutto quanto riguarda la revisione del boma e dei suoi particolari. E’ un elemento del quale conosco perfettamente l’estrema importanza e non ho intenzione di sottovalutarne la messa a punto.

Anche il viaggio di rientro comincia nel migliore dei modi: il vento ci consente (“ci”, non perché abbia cominciato a parlare da solo, come qualche simpatica amica ha notato…ma perché a bordo siamo sempre almeno in due: la barca ed io!) una prua adeguata alla rotta di rientro ed una velocità piacevole. Dopo circa quattro ore siamo di nuovo al traverso della Capraia che sfilerà sulla sinistra a circa cinque miglia di distanza, con un tramonto mozzafiato. Il vento rinforzerà, fino ad attestarsi sui 22/25 nodi dalle 20:00 e fin dopo l’alba. Sempre da nordest, ma non freddo né cattivo e con il mare che si manterrà calmo, consentendo una navigazione dolce nonostante un’intensità che, per prudenza (e per fare ulteriore esperienza), mi farà decidere di ridurre la superficie della randa prendendo due mani di terzaroli e riducendo il genoa avvolgendolo per quasi il 30%. Conservo la trinchetta issata e con questa nuova configurazione delle vele sento la barca molto più equilibrata e rilassata e con una più che accettabile perdita di velocità. Inoltre vedo la ruota del timone con il testimone della barra al centro solo un poco alla poggia, a testimonianza di un lavoro davvero poco intenso del pilota automatico che non voglio assolutamente stressare in vista delle centinaia di ore di utilizzo continuativo che lo aspettano in oceano. All’alba il Grecale comincia ad indebolirsi: riprendo subito tutta la superficie delle vele a disposizione issando in aggiunta anche il terzo fiocco che adesso posso armare contemporaneamente alle normali vele di prua dell’armo a cutter di Tatì, dopo l’installazione del nuovo strallo. Così armata la barca mi ricorda un veliero davvero di altri tempi!

Colazione, ginnastica e tre ore di lettura del bello e struggente libro di Inbar Meytsar scritto in memoria del marito, grande navigatore italiano. Chi legge di cose di mare sa a cosa mi riferisco: gli altri sono invitati…a cercare e a capire. Delfini e….miliardi di Caravelle portoghesi: quelle piccole meduse che vengono trasportate dal vento e dalle correnti. Ce ne sono troppe in mare; non credo che sia un buon segno… Il vento abbonaccerà del tutto nel pomeriggio: ormai sono a quaranta miglia dal mio porto. Procedere a uno/due nodi mi farebbe passare in mare una notte inutile dal punto di vista tecnico. Che poi è lo scopo del breve giro di questi giorni. A malincuore attacco il motore. Il suo rumore mi disturba più del solito, ma va beh. Solo un paio d’ore di navigazione così e risale un po’ di Grecale. Spengo subito e su di nuovo tutte le vele: 4,5 nodi vanno più che bene. Avvicinandomi sempre più alla costa ligure il vento – nel giro di un miglio – ruota di più di novanta gradi verso ovest e si installa un piacevole vento di ponente che mi bendispone verso l’ultimo esperimento di questi giorni: armare ed issare il gennaker A5 che ho appena acquistato. Pochi minuti di lavoro e la vela è su. Meno di 100 metri quadrati quasi completamente candida; magrissima rispetto al gennaker grande di 160 metri, ma lavora molto bene: con poco più di dieci nodi d’aria spinge meravigliosamente ed è davvero semplice da governare da soli. Devo solo comprare una calza adeguata perché il bellissimo frullino col cavo antitorsione e tutto il resto che era in dotazione non è utilizzabile, data la caratteristica della prua e della battagliola della mia barca: infatti ho poi dovuto provvedere all’ammainata “vecchio stile” con un po’ d’ansia, ma con grande successo. Nemmeno un angolo in acqua! Verso le 18,30 sono fuori dal porto. Ammaino tutto e chiedo l’assistenza all’ormeggio …per evitare disastri dell’ultimo minuto. Ho stilato un elenco piuttosto corposo delle cose ancora da fare o da mettere a punto. Non dovrebbero esserci problemi: tutti i tecnici della “squadra” si stanno muovendo per consentirmi di partire senza troppi patemi che non siano soltanto quelli riferiti al viaggio.

Voglio tornare in mare!